Tutti coloro che si ammalano di influenza bevono acqua. L’acqua è la causa dell’influenza!
Questo sillogismo, chiaramente fasullo, è simile al ragionamento che molti operatori del settore utilizzano per studiare il fenomeno dei social network in relazione all’employer branding.
Capita, sempre più spesso, di imbattersi in dati che, sebbene ad una prima lettura possano raccontare una determinata realtà, sono profondamente fuorvianti. Oppure, accade che i dati in possesso degli operatori siano corretti e utili ma interpretati in modo non corretto.
Infatti, che tutti coloro che sono in cerca di una lavoro o che sono interessanti, per l’azienda nella comunicazione del proprio brand come luogo di lavoro, utilizzino molto i social network non vuol dire affatto che i social network siano un luogo indispensabile da presidiare per fare questo tipo di attività.
Si leggono e si sentono molte affermazioni che mettono in evidenza quanto, dietro a queste, non esista una conoscenza dei fenomeni sociali, quanto sia carente una conoscenza delle tecniche di comunicazione e quanto sia totalmente assente una preparazione metodologico-statistica che permetta di costruire gli impianti di ricerca e, in seguito, interpretarne i dati.
Quindi, occorre, per trattare il tema, seguire un corretto ragionamento che valuti quanto questi “luoghi” di aggregazione siano utili all’attività di employer branding e a quale aspetto di questa attività portino maggior valore aggiunto.
In tutte le ricerche sull’argomento si riscontra, più o meno, un trend in crescita dell’utilizzo dei social network da parte dei giovani italiani che si affacciano sul mercato del lavoro. Per non argomentare il ragionamento su dati inattendibili prendiamo come ricerca di riferimento la Recent Graduates Survey che è l’unico studio in Italia ad essere condotto su un campione rappresentativo della popolazione di neolaureati.
Bene, dai dati emerge che tra coloro che sono in cerca di un lavoro, subito dopo la laurea, la quasi totalità frequenta uno o più social network. Però, le domande che occorre porsi prima di ragionare su come utilizzare questi luoghi per strategie di employer branding sono due.
La prima riguarda i luoghi e si articola sulla frequenza di utilizzo e sulla tipologia del social network. Cioè, quali sono in Italia (fa sorridere incontrare citazioni di analisi globali o standardizzazioni di fenomeni che sono prettamente locali e in continuo mutamento) i social network maggiormente frequentati e quale funzione originaria hanno ciascuno di essi?
La seconda, e forse la più importante, per quali motivi e con quali finalità il target frequenta questi luoghi. Perché i giovani frequentano i social network?
La risposta alla prima delle due domande ci viene data dai dati ufficiali sulla frequentazione dei social network in Italia, dai risultati proposti nel grafico numero 1 (elaborato dai dati della RGS2014 - spaccato sui comportamenti dei neolaureati italiani) e dalle caratteristiche proprie di ciascuno dei social network maggiormente seguito (da quelli tematici tipo linkedin a quelli più generalisti come facebook). Si nota come in Italia il social network più utilizzato sia facebook seguito da youtube (anche se in altra sede si affronterà l’essere o meno un social network da parte di youtube o, più che altro, un raccoglitore di contenuti) e come altri social network molto presenti in altri paesi o in altri gruppi sociali non si siano ancora sviluppati sufficientemente da noi o nella realtà dei neolaureati (il caso di twitter negli Stati Uniti o nella comunicazione politica). Inoltre, valutando la tematicità di alcuni social network si comprende il pubblico che li anima e la possibilità o meno di ritrovare il target d’interesse. Quindi, in linkedin sarà facile imbattersi in professionisti che si aprono al confronto e si presentano in qualità di professionisti mentre sarà molto più improbabile trovare neolaureati in cerca di prima occupazione e ancor di più studenti.
Grafico 1: Quali social network utilizzi maggiormente? (scala da 1 mai a 8 appena possibile)
La seconda risposta deriva in particolare dai dati della RGS2014 – Best Employer of Choice (grafici n°2 e n°3). Nella survey è stato chiesto quali mezzi di comunicazione sono stati utilizzati per ottenere informazioni sulle aziende di interesse e quali si ritiene siano i migliori. Alla prima domanda è stato risposto collocando i social network in quarta posizione, mentre alla seconda domanda i neolaureati hanno risposto collocando i social network in ultima posizione superati da: sito internet dell’azienda, fiere del lavoro, personale dipendente dell’azienda, siti di recruiting on-line, conoscenze personali e università.
Grafico 2: Quale mezzo di comunicazione hai utilizzato maggiormente per ottenere le informazioni sulle aziende come offerta prefessionale?
Grafico 3: Quale ritieni sia il canale migliore per aver informazioni su un'azienda (come offerta professionale)?
Questo dato è suffragato anche dagli studi di Luca De Felice (De Felice L., (2010), Marketing conversazionale, Il Sole 24 Ore, Milano) sulle funzioni proprie dei social network. Da questo interessante approfondimento emerge che in tutti i casi di social network generalisti e in alcuni di quelli tematici si ripropone una piramide dei bisogni (la piramide COSMA) mutuata dalla piramide di Maslow. A questo studio, poi, si accomuna quello di Charlene LI e Josh Bernoff (Li C. Bernoff J., (2008), Groundswell: winning in a world transformed by social tecnologies, Harvard Business Press). Li e Bernoff individuano sei profili di utenti del web 2.0 (utilizzatori delle social tecnologies) in base al loro grado di partecipazione (da prendere come indicazione data la particolare realtà italiana).
Creatori: coloro che almeno una volta al mese creano un blog o un articolo on-line, aggiornano una pagina web, caricano dei contenuti video o audio su siti come youtube.
Critici: coloro che reagiscono a contenuti prodotti da altri utenti. Commentano e intervengono su blog o forum, modificano o votano wiki.
Collezionisti: coloro che memorizzano o votano per i loro siti preferiti.
Socievoli: coloro che partecipano, mantengono o modificano il proprio profilo sui social network.
Spettatori: coloro che fruiscono, senza intervenire, dei contenuti prodotti da altri.
Inattivi: coloro che ancora non partecipano alle conversazioni on-line.
Da ciò è possibile sintetizzare lo schema concettuale partendo dal grado di autocelebrazione e socializzazione presente negli utenti. Questo, poi, entra in connessione, di volta in volta, con la ricerca di informazioni da parte dell’utilizzatore.
Quindi, prima di imbarcarsi in attività di employer branding sui social network pensando di aver scoperto la strada più breve per entrare nelle grazie del target di riferimento sarà necessario valutare se e quali social network siano utili al fine da perseguire e, solo in un secondo momento, ragionare sul tipo di approccio.
Anche sul tipo di comunicazione e sul linguaggio se ne sentono di ogni natura. Il tema sarà trattato con maggiore profondità nell’area destinata all’employer branding non convenzionale ma è, comunque, necessario sfatare alcuni miti anche in questa sede.
Il tema più ricorrente è quello che ritiene la comunicazione e il linguaggio da adottare nei social network come il più “nuovo, informale e trasparente”. Ci si chiede però cosa voglia dire. E’ come affermare che per essere attraente basta comportarsi in modo affascinante, intrigante carismatico. Inoltre, oltre a non voler dire nulla (se deve essere “nuovo” occorre dire in cosa consiste la novità) è anche falso. Il linguaggio e la comunicazione che si dovranno usare muterà a seconda del contesto in cui si dovrà entrare. Occorre sempre ricordare che affacciandosi nei social network ci si affaccia in casa altrui. Quindi, per comunicare, occorrerà utilizzare linguaggio e messaggi propri di ci ospita. È come andare in Turchia e pretendere di farsi un sacco di amici non rispettando le leggi presenti in quel paese e parlando in italiano.
In realtà, il processo è abbastanza lungo e prevede, prima di far entrare il pubblico in casa nostra (apertura di uno spazio in cui gestire la comunicazione), che il pubblico ci conosca e impari ad apprezzarci anche a casa loro. Si entra in casa degli ingegneri? Si parlerà un linguaggio e si parlerà di alcuni temi. Si entra in casa di psicologi? Ebbene il linguaggio e i temi saranno diversi.
Per avere una panoramica su come valutare il linguaggio migliore, gli argomenti preferiti e lo schema narrativo da attuare si rimanda alla sezione sulla semantica quantitativa e sull’approccio semiotico (Linguaggio ed Employer Branding).